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Le ultime parole sul palco di Padova,
l' agonia, il bacio commosso dell' amico Sandro Pertini "Compagni, proseguite il lavoro" di r
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PADOVA - "Compagni, proseguite il vostro
lavoro... casa per casa... strada per strada...". Enrico Berlinguer
pronuncia le sue ultime parole con la voce fioca, spezzata, un fazzoletto
bianco premuto sulla bocca. Il segretario del Pci, colpito da un ictus,
crolla, pallido come un cencio, sul palco di Piazza della Frutta, dove sta
tenendo un comizio per la campagna elettorale delle elezioni europee.
Berlinguer comincia a morire alle dieci e mezza di una sera fredda, di
vento, sotto qualche goccia di pioggia, mentre un maxi schermo trasmette
il suo dramma ai cinquemila della piazza. Era giovedì 7 giugno 1984. Il
suo cuore cessa di battere quattro giorni dopo all' ospedale Giustinianeo.
Berlinguer torna a Roma sull' aereo di Sandro Pertini: "Lo porto via come
un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta" dice con gli
occhi lucidi il Presidente della Repubblica. Berlinguer non sta bene già
quando sale sul palco. Accende una super senza filtro mentre parla Gianni
Pellicani e aspetta il suo turno, ma la spegne quasi subito. Avverte un
senso di nausea e gli gira la testa. "Hai mangiato pesante ieri in
Liguria" lo tranquillizza il fido Tatò. Berlinguer toglie l' impermeabile,
ha una giacca a quadretti. Si slaccia il primo bottone della camicia, per
respirare meglio. Inforca gli occhiali e comincia a parlare, la mano
sinistra alzata. La polemica col governo è dura. Il leader comunista
attacca i "meschini calcoli di parte", la "ragioneria partitica". Ma lo
prende il primo affanno. Si ferma, ricomincia : "La verità è che...". Non
ce la fa più. "I partiti se ne infischiano...". Berlinguer lotta contro l'
ictus. "Enrico, Enrico" gridano dalla piazza. "A questo stato di cose
diciamo basta...". La voce gli esce stonata, fatica a leggere gli appunti.
Lo prende un attacco di vomito, chiede un bicchiere d' acqua.
Impallidisce, si porta il fazzoletto alla bocca. Adesso tutti capiscono.
"Non vedete che sta male" urlano. Ma lui vuole andare avanti. Berlinguer
sente che le forze gli mancano, la vista gli si appanna. Salta le ultime
otto cartelle del discorso. "Proseguite il vostro lavoro, andate casa per
casa, strada per strada..." riesce a mormorare e si accascia. I compagni
lo sorreggono, lo fanno scendere dal palco. Berlinguer è uno straccio.
Vomita. Lo portano all' albergo, poi di corsa all' ospedale. Sono le
undici della sera. Berlinguer è in coma. Nella notte lo operano, ma non c'
è niente da fare. La mattina dopo arriva Pertini, che si china sul suo
letto di morte e lo bacia sulla fronte fasciata. "E' un uomo giusto"
piange il vecchio presidente. Per quattro giorni migliaia di persone
vegliano in silenzio nel vecchio cortile del Giustinianeo. Ma Berlinguer
non riprenderà più conoscenza. Lunedì 11 giugno il sovrintendente
sanitario Francesco Valerio comunica : "L' onorevole Enrico Berlinguer è
mancato alle 12.45". "Compagni, la dura notizia è giunta" annuncia Achille
Occhetto alla folla radunata davanti a Botteghe Oscure. Il corteo con la
bara di Enrico Berlinguer sfila da Padova a Venezia tra due ali di folla
lunghe trenta chilometri. Pertini lo porta via con sé.
la Repubblica - Mercoledì, 8 giugno 1994
- pagina 15
rb
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